Siamo un gruppo di genitori del Veneto (Italia) che lottano per avere ACQUA PULITA perché i fiumi e le falde del nostro territorio sono stati irrimediabilmente contaminati da sostanze tossiche chiamate PFAS

Tutto è iniziato nel 2017, quando abbiamo ricevuto le risposte delle analisi sulla ricerca dei PFAS nel sangue dei nostri bambini a seguito dell’avvio del biomonitoraggio proposto dalla Regione Veneto: da allora la nostra vita è letteralmente cambiata.

La falda inquinata

In Veneto, nel 2013 si è scoperto che la falda acquifera dalla quale attingono i nostri acquedotti è inquinata da PFAS. Questa emergenza ambientale, senza precedenti in Italia, interessa un'area in cui vivono circa 350.000 persone. Secondo la Relazione del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Treviso (13 giugno 2017) che ha dato il via all’indagine da parte della Procura, tale inquinamento è imputabile alla ditta Miteni di Trissino (VI) e perdura da oltre 40 anni.

Attualmente Miteni è chiusa dopo aver dichiarato fallimento a fine 2018, ma l’inquinamento è tuttora in atto perché il terreno sotto l’azienda è contaminato e quando il livello della falda si alza gli inquinanti vengono portati a valle. La Regione Veneto sta valutando come attuare la messa in sicurezza e la bonifica del sito.

Il processo

A Vicenza si e' appena conclusa la fase preliminare del procedimento che ha portato al rinvio a giudizio di 15 persone a cui sono stati contestati diversi capi d'accusa riunendo cosi' i due filoni precedentemente distinti (quindi i reati fino al 2013 e quelli dal 2013 al 2018) Si parla di disastro innominato e inquinamento delle acque oltre che di disastro ambientale e bancarotta fraudolenta. Ora parte un maxi processo, il piu' grande della storia per i reati di carattere ambientale.

Lo stato di emergenza

In seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza (21 marzo 2018), nel 2019 sono iniziati i lavori per le nuove fonti di approvvigionamento pulite. L’acqua del rubinetto collegato all’acquedotto viene filtrata con carboni attivi, ma possiamo assumere PFAS anche attraverso frutta, ortaggi e alimenti di origine animale prodotti nell'area contaminata.

Gli alimenti

La campagna di monitoraggio degli alimenti è partita il 16 novembre 2017 ma il resoconto della stessa riporta solo le concentrazioni di PFOA e PFOS rilevate, in dati aggregati. Non conosciamo la geolocalizzazione dei campioni analizzati quindi, come cittadini dell'area contaminata, non siamo informati sul grado di contaminazione degli alimenti prodotti dove viviamo con la conseguente impossibilità di scegliere alimenti sicuri da inserire nella nostra dieta e siamo quindi ancora esposti al bioaccumulo di PFAS provenienti dalla catena alimentare. Chi è consapevole del problema, evita di acquistare alimenti provenienti dalla zona di massima esposizione, la cosiddetta “area rossa”. In questo modo il comparto dei prodotti a chilometro zero viene pesantemente penalizzato.

Il limiti nazionali

La Regione Veneto con DGR n. 854 del 13 giugno 2017 ha stabilito che le acque ad uso zootecnico devono rispettare gli stessi limiti delle acque ad uso umano, indicati dal Ministero della Salute in 1.030 ng/l come somma totale di PFOA (500 ng/l) + Pfos (30 ng/l) + altri Pfas (500 ng/l). Questo valore appare chiaramente troppo elevato per garantire la sicurezza degli alimenti. Inoltre, non sappiamo se e come vengono effettuati i controlli e le verifiche del rispetto di tale norma. Gli agricoltori normalmente irrigano le colture o con acqua di superficie (canali e fiumi), oppure prelevando direttamente dalla falda attraverso i pozzi, molti dei quali sono risultati contaminati. Come sappiamo, la falda sotterranea risulta essere molto inquinata ma anche le acque superficiali lo sono.

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